S.Niffoi – Collodoro (ed. Adelphi)
E’ difficile parlare di questo
libro dribblando la ‘questione etnica’ sarda. Lo dico, a me i sardi
"popolofiero" piacciono molto, anche se non è obbligatorio, d’altronde
anche Cossiga è sardo.
Detto questo, sintetizzerò la
speciosità sarda di quelle usanze troglodite che prevedono tra l’altro, la
violenza sul più debole, e in qualche modo la regolano pure, quindi se dirò
‘bestie ‘ o ‘selvaggi’, non s’indigni nessuno, perchè in questo caso sono
connotati positivi. E comunque non lo dirò.
Collodoro è la storia di una
rivolta popolare, la rivolta di un popolo che nonostante le apparenze
‘selvatiche’ gode di divertimenti raffinati, come ad esempio incocciarsi di
sole e di vino in montagna fino a vedere la Madonna nuda col velo che fa la
lapdance. La rivolta di una popolazione avvezza alle maniere forti, con cui la
violenza non serve, perchè la violenza loro l’hanno subita da secoli e ora la
padroneggiano, come padroneggiano gli esplosivi.
Una rivolta contro il progetto di una
discarica di materiali nocivi dentro una montagna tra l’altro mezza sacra
(la montagna).. Una specie di Chiaiano ante litteram, anzi una Chiaiano senza
tempo, viste le scarsissime coordinate temporali. Come senza tempo eppure
attuale è il saccheggio della terra sarda.
Le prime cinquanta pagine sono
pesanti e spaventano perchè l’autore, sulla scorta di Camilleri, usa a
profusione il dialetto sardo, soprattutto nei dialoghi e sinceramente anche
con tutta la buona volontà si capisce poco; poi però il libro decolla, anche la lingua sembra schiarirsi, e tutto a
un tratto ti trovi immerso in questa umanità di cui all’inizio magari non
riconosci le sembianze ma che alla fine non puoi che sentire dalla tua
parte. Streghe, minatori, santi e madonne tutti nello stesso corteo, armati fino ai denti.
Bel libro. Comprato per caso
all’ufficio postale.