Io al mare sto sempre
all’ombra e non faccio quasi mai il bagno. Lo faccio solo quando il
caldo si fa insopportabile, un bagno rapido, giusto per rinfrescarsi. Poi torno all’ombra e nel
suo cono aspetto, aspetto con la musica, aspetto con un libro, con
una canna, con una Corona col limone. Aspetto che arrivi l’onda che
prometteva il meteo. ”Una serie di perturbazioni provenienti
dai quadranti occidentali interesserà le coste tirreniche già da
lunedì pomeriggio fino a tutto giovedì” dicevano le
previsioni. Aspettare fa il suo effetto, così dopo poco mi trovo a
galleggiare piacevolmente a occhi chiusi sulla sabbia, sempre
all’ombra. A un certo punto qualcosa
m’ha svegliato da quello stato ipnotico che creano il caldo l’alcool
e il thc, ma non riuscivo a capire cosa, stavo per
fottermene e richiudere gli occhi quando ho sentito un “hi guy!”: sapevo di essere solo nel
raggio di centinaia di metri, non c’era speranza, potevano avercela
solo con me. Alzai la testa e la girai
di poco verso la voce, o almeno grosso modo, perchè sai col vento i
suoni si spostano. Quello che vedevo era un ragazzone biondo, sicuramente americano o
australiano pensavo; invece tra le frasi consuete della presentazione
disse che era di Haifa una località di mare in Israele. Disse pure
che essendo un posto di mare gli venne normale sin da bambino
giocare con la tavola, ma che negli ultimi anni il governo aveva
trasformato tutta la costa, da Haifa a Tel Aviv, in un unico
stabilimento balneare. Rimasi deluso. Allora era per questo che negli
ultimi anni si incontravano così tanti ragazzi israeliani in tutti i
migliori spot del mondo, dalle Canarie alla Costa Rica. Non era, come
pensavo, una replica di vent’anni fa, quando i ragazzi sudafricani,
ovviamente bianchi, infestavano ogni spot del globo. Quei ragazzi
scappavano da un paese ormai bandito da tutto il mondo, o quasi,
perchè c’era l’apartheid. Ora vengo invece a sapere che questi
scappano, spinti si dal governo, ma perché questo gli ha deturpato
la costa, che in effetti era un buon spot; il governo in nome dello
sviluppo gli ha rotto il giocattolo.
C’è rimasto, dice, solo
uno spot – Palm Beach – buono e poco frequentato ma perchè è a
venti chilometri da Gaza City; il che comporta, pare, dei problemi
anche per i giovani israeliani. Non sono scappati per il trattamento
che il loro governo, il loro esercito, i loro coloni, magari i loro
genitori, riservano ai palestinesi, né perché nello stato di
Israele vige un apartheid interna tra aschenaziti e sefarditi, per non
dire degli arabi israeliani. Sono scappati per poter surfare. Vivere
per surfare, è un atteggiamento frikettone e intellettuale che non
capisco; io sono della filosofia opposta: surfare per vivere. Non vivere per
l’adrenalina o per la droga, ma l’adrenalina o la droga per vivere.
Vivere permette molti più lussi, molte più possibilità di quando
stai fatto di adrenalina. Il ragazzone biondo non la
finiva più di parlare, e parlò ancora un bel pò. Ora è’ arrivata l’onda
promessa e io l’affronto con la sua tavola. Tanto a lui non serve
più. Perché io faccio così,
quando t’aspetti una reazione negativa t’avvolgo con l’approvazione
più completa, sei pronto all’attacco frontale e io invece te
l’appoggio, ti circondo, ti abbraccio, ti comprendo fino ad
annullarti. L’avevo conquistato con
una battuta in rima secondo un certo stile yiddish: “sai perché non
provano a mettere Gaza su streetwiev ? Forse perchè gli incroci
e i palazzi che ieri c’erano oggi non ci sono più! ”
L’ho lasciato che rideva a
crepapelle, gli ho chiesto la tavola in prestito, dicendo che sarei
tornato entro breve. Sono passato ad avvisare i ragazzi che
controllano le macchine fuori e sono corso incontro all’onda.